Tre anni fa, l’orchidea che la vivaista ci aveva regalato, sfiorita e spacciata, non solo si era ripresa, ma aveva prodotto un ramo gemmato.
Ero impaziente di vedere il colore dei fiori di questo piccolo miracolo di resurrezione, ma il ramo si era seccato senza fiorire.
Ora l’attesa è finita, il fiore è sbocciato, è bianco, il colore che preferisco nelle orchidee e in altre piante, anche se la scelta è difficile, perchè li amo tutti i colori.
Siamo in Quaresima e questa ennesima resurrezione si sposa perfettamente non solo con la mia vita, ma credo, con quella di tutti.
Allora risorgiamo, ancora e ancora, perché il dono, promessa d’amore, è stato di nuovo confermato, si è compiuto di nuovo, è finalmente sbocciato.
L’anno dei miei cinquant’anni di cui ho tanto vissuto la preparazione è passato un po’ in sordina, non ho voluto registrare più di tanto.
Nel quotidiano ha avuto tanti alti e bassi, rabbia e frustrazione, che mi hanno fatto temere che si spegnesse quella luce che illumina il mio viso.
Tanta è stata ed è, a tratti, la stanchezza che fa venire voglia di arrendersi e mollare tutto.
Nonostante la rinascita e la fioritura, sono ancora così dipendente da chi mi sta accanto.
Mi sembra di non avere una vita mia, ma di essere come un corso d’acqua che si disperde in tanti rivoli.
Forse questa mancanza di un’affermazione personale in ferrea solituine è proprio ciò che mi caratterizza.
Forse è quasi un mio pregio ed è inutile cercare altro, ma semplicemente accettare, lasciare andare, accogliere.
Semplicemente convincersi di essere dove si doveva e si voleva, ed esserne grati.